09 settembre 2005
il non luogo
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2° capitolo: DIfferenza o diversità? Se assumiamo per Differenza la qualità o condizione per cui una o più cose o persone si trovano in rapporto di totale o parziale diversità, e per Diversità il contrasto parziale o totale tra i caratteri distintivi di due o più cose o persone, sembra chiaro come la prima faccia capo a condizioni al contorno, esterne, di due persone e la seconda ai caratteri distintivi delle stesse. Bene. Sembra facile. Il problema si pone se consideriamo l'essere umano monade o duale, uno, semplice, indivisibile oppure duale in quanto formato di anima e di corpo. La complessità della situazione permette di aggiungere che probabilmente tutto può essere visto in termini di ricchezza o di risorsa, di una larga disponibilità di beni o di un mezzo o capacità disponibile, consistente in una riserva materiale o spirituale, o in un'attitudine a reagire adeguatamente alle difficoltà. La DIFFERENZA è sottile, quasi una DIVERSITA' se vista in ottica duale. Forse la discriminante è occasionale, e gioca un ruolo importante nell'entropia generale del sistema antropogenetico. Rimango convinto sulla dualità, e sulla diversità come risorsa, oltremodo capace in termini lontani da qualsiasi omologazione, di superare ogni differenza nel rispetto totale della monade umana.
3° capitolo: Criticità ed Eccellenza. Quale condizione? Ho sempre pensato alle criticità come condizione di una grandezza, dello svolgimento di un fenomeno a livello del valore (o punto, o stato) critico, il che implicherebbe il considerare anche le caratteristiche di resistenza e resilienza, ma questo è un altro discorso. Ed ho sempre considerato l'Eccellenza una qualità di sommo pregio o gradimento, una monade unicità, una duale e non effimera perfezione. Bene. Come legare allora a questi elementi del vivere alla naturale tendenza del vivere stesso, inteso in forma non epicurea ma transeunte la cristianità, del raggiungimento di un obiettivo superiore: quello dello sviluppo o quello del progresso? Lo sviluppo è un accrescimento progressivo, di per sè teoricamente non sempre positivo.... altro è il progresso in quanto acquisizione di un avanzamento. Forse il problema è insito nella dualità anima - corpo. Mah. Domanda senza risposta.
4° capitolo: Il saggio. Una volta un uomo chiese a un monaco eremita: "dimmi una parola, tu che sei saggio". "Se parlo - rispose l'eremita - rompo il silenzio, che è il mio linguaggio; e se mi chiedi di rompere il silenzio vuol dire che non puoi capire il mio messaggio". A questo punto non so più se è giusto chiedere, o lo stesso parlare. Si corre il rischio che diventi una diglossia insostenibile.....
5° capitolo: Mah! Forse tutto questo è il senso vero delle cose. So di averlo, allora. So tanto altro e molto poco al tempo stesso. So che al prossimo dilucolo mi ritrovero a pensare, a desiderare, a volere, perso in mille rivoli ed in unico fiume, alla luce soffusa di mille stelle ma abbagliato da una sola in un unico cielo sopra di me, in mille pensieri e in un'unica emozione. Ma sto parlando troppo semplicemente e ciò contrasta con il primo capitolo. Un ultimo messaggio, il più difficile ......... (ma non te lo dico!!!!)