22 settembre 2005

Un'anticipazione.... WORK IN PROGRESS

C’è una differenza sottile e lacerante tra viaggiare per percorrere un viaggio e viaggiare per raggiungere una meta.
Se il viaggio poi diventa un percorrere alla deriva una città, o un susseguirsi di spazi urbani, lasciandosi trasportare dai flussi, oltre le centralità e gli spazi stessi, e se il tutto avviene in una città alla deriva di per se stessa dei flussi che la attraversano, e che forse la stanno già trasformando, alla deriva, trasportata a sua volta alla deriva, allora il percorrere stesso diventa una DERIVA, dove l’importante è il percorrere, diventare il flusso, essere parte della rete, oltre il viaggiare, oltre le mete.
Lo spazio alla deriva non sorprende più così centralità definibili urbane, riconoscibilità, aggregazioni, o identità sociali, capitali relazionali, identificabili in spazi codificati e simbolici.
I non luoghi che si formano diventano gli spazi frammentati e disallocati dell’isolamento collettivo, in continuità con l’immaginaria sensazione di collettività che un flusso divagante non può contenere, permettendo che il fluire dei capitali sociali diventi silenzioso.
I flussi rimangono come un unica labile traccia, sensibile, oggettivante, nella consapevolezza dell’irraggiungibilità contemporanea dell’apocatastasi.
Il viaggio quindi diventa un flusso, la relazione, l’unico sè, il flusso l’unica riconoscibilità.
Il percorrere e il fluire l’unica presenza identitaria, singolare e collettiva, la traccia, l’essere contemporaneo, e il nuovo modo di identificare, cogliere, capire, penetrare spazi e relazioni, persone, sfuggire isolamenti, ricreare simbiosi, integrazioni dinamiche, identità cangianti e immutabili dello stesso fluire.
Si compie un viaggio alla deriva urbana nell’urbe alla deriva.
Andiamo.